Novembre è una linea lenta, che scivola verso il basso. Una discesa quasi impercettibile, trattenuta dai venti caldi e tesi che salgono da sud: scaldano l’aria oltre misura per la stagione, eppure la rendono piacevole, quasi gentile non fosse per il timore delle non cose. Nella nuova serra le insalate trovano riparo: il vento resta fuori, l’umidità si raccoglie, la crescita rimane sospesa in un respiro lungo. E io aspetto che quella linea si spezzi e si faccia onda, che si incurvi in parabole improvvise, in una successione rapida di salite e discese, tanto nette da farmi rimpiangere la calma attuale. Quella lunga, sottile linea d’eterna, illusoria, estate di San Martino.
Nebbia al primo mattino, poi sole e temperatura sui 18 gradi. La notte siamo ancora sopra i 10. Giorni di garbino e scirocco tesi sono appena passati. Il giardino, la mattina, si accende con il sole, le aromatiche ancora profumano d'estate. Tutto scorre lento, senza scossoni: ogni giorno un po’ meno luce, ogni giorno qualche decimo di grado in meno. La cisterna dell’acqua piovana è piena dopo l’ultima pioggia. Oggi, fra il radicchio sonnecchioso, appesantito nell'argilla molle, ho seminato la fava. Primo novembre senza il profumo dell’autunno.