Una pioggia domenicale, ristora le piante messe ieri a dimora in un calda giornata di aprile. Sono le talee invernali di elicriso, lavanda, limoncina e margherita. Hanno radicato tiepide nella serra durante il mite inverno. Domenica scorsa al mercatino della raccolta missionaria una vanga a punta da 2 euro, arrugginita e vissuta mi ha incontrato. Ieri mi ha aiutato a scavare il giardino argilloso duro e compatto. Ho mischiato la terra rigirata e zappettata con 2 secchi di terriccio delle fungaia, sperando di creare un letto accogliente per le giovani piante.
Al primo sole sembravano impaurite, la pioggia di oggi le ristora.
Il presagio della torride estate mi preoccupa, il sole incessante il calore sopra i 30 gradi, la poca pioggia. Cosa ne sarà di queste piantine.
Ho fatto quello che potevo per darle un posto accogliente dove creare radici e spazio per la loro vegetazione, ma l'estate sarà torrida ed asfissiante e tutto questo basterà? Fioriranno e spanderanno i loro aromi.? E' per questo che perdo tempo a fare l'orto per glorificarmi dei risultati? Per cercare di conoscere meglio il polinomico succedersi delle cose, complessità non calcolabile di variabili libere e beffarde. Radici e aria, umidità e sole, troveranno il loro equilibrio che farà si che si apriranno con vigore alla vita a cui le ho radicate?
Osservo aprile ed il vigore di ogni cosa, nata da seme spontaneo o da radice strisciante che occupa prevarica, ciò che ho seminato. Un giardino è un cosmo? oppure è solo specchio della paura di ciò che vedo del mondo, ombra pallida, parziale ed illusoria. 

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