In romagnolo non esiste un termine per definire la primavera. C'e' la stagione fredda e quella calda. Abbiamo bruciato il falò di San Giuseppe, la fùgarazà qui nel riminese, con temperature vicino allo zero la mattina ed un vento da nord est che ha regalato aria limpida e pulita. Un sole tiepido e benevolo durante le giornate.
Nei giorni precedenti un garbino già calda ha risvegliato le bietole e le insalate appena trapiantate. Nel fave sono vigorose con i fiori già pronti ad accogliere gli insetti.
 
Ora le stagioni di mezzo sono quelle buone, le temperature sono quelle giuste. L'estate porterà troppo caldo, l'inverno non ha luce.
 
Le stagioni di mezzo sono quello più pazze ed imprevedibili, per cui tutto diventa attesa. Quel range di temperatura in cui la natura cresce, parte, cresce con vigore. Una strada di mezzo oggi unica per il mio piccolo orto. Pochi incerti mesi, in cui cercare di armonizzarsi con il poco caldo, il troppo caldo, la poca pioggia o la troppa pioggia ed il vento ululante ed impetuoso che risale la collina. Grecale e cielo limpido, garbino e aria asciutta, scirocco e umidità, una danza continua.  
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